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11.11.2025 | Bosnia ed Erzegovina, Sarajevo

Italia-Bosnia: cecchini italiani coinvolti negli omicidi. Anche italiani e altri europei hanno partecipato all’assedio serbo di Sarajevo

7.11.2025 | Diritti umani, Popoli indigeni, Russia, Russland

Russia: APM/GfbV critica l’introduzione delle festività dedicate alle popolazioni indigene definendola una pura farsa

30.10.2025 | Iraq, Minoranze religiose

15 anni dopo il devastante attentato alla Cattedrale di Baghdad (31 ottobre) – I Cristiani in Medio Oriente continuano ad essere minacciati

28.10.2025 | Diritti umani, Masai, Tanzania

Elezioni presidenziali e parlamentari in Tanzania (29 ottobre) – Si aggrava la situazione dei diritti umani dei Masai: aumento degli sfratti e della repressione

20.10.2025 | Armenia, Nagorno-Karabakh

“Ha contribuito in modo determinante al riconoscimento del genocidio degli Armeni” – L’Associazione per i popoli minacciati si congratula con Tessa Hofmann per il conferimento della Croce al merito

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Giornate di azione per il Sahara occidentale 2025: “50 anni di occupazione – 50 anni di resistenza”

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Escalation della persecuzione russa in Crimea: preoccupazione per donne tatare di Crimea arrestate

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Ricatto invece di responsabilità – La commissione giuridica vota a favore di un taglio drastico alla direttiva UE sulla catena di approvvigionamento

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Sei anni dall’invasione turca di Serekaniye (9 ottobre): 70.000 persone ancora in fuga

Bolzano, Göttingen, 8 ottobre 2025

Tombe curde distrutte in un cimitero nella regione di Afrin occupata dalla Turchia, aprile 2025. Foto: Kamal Sido / GfbV

Il 9 ottobre 2019, la Turchia, membro della NATO, ha attaccato la regione curda di Serekaniye (in arabo: Ras al Ain). Questo attacco, contrario al diritto internazionale, è stato denominato dall’esercito turco “fonte di pace”. Anche sei anni dopo l’invasione e un anno dopo la caduta del dittatore Assad, i curdi che hanno trovato rifugio nelle regioni più orientali non possono tornare nella loro patria. 70.000 persone resistono nelle zone controllate dalle Forze Democratiche Siriane. Coloro che hanno comunque tentato di tornare hanno trovato le loro case e le loro terre occupate da coloni radicali arabi sunniti, insediati lì dalle forze di occupazione turche.

In molti luoghi, le case dei curdi sunniti, degli yazidi e dei cristiani sono state vendute da alcuni coloni ad altri coloni. Questi acquisti e queste vendite sono illegali. Il nuovo governo islamista di Damasco non ha alcuna voce in capitolo a Serekaniye e nelle altre zone della Siria occupate dalla Turchia nel 2019. I nuovi detentori del potere sono saliti al potere un anno fa anche con l’aiuto della Turchia. Cooperano con la potenza occupante turca. La sovranità della Siria, come sostengono gli islamisti, non esiste. Piuttosto, le milizie e le bande islamiste dipendono dalla benevolenza della Turchia, di altri governi della NATO, degli Stati arabi del Golfo e di Israele. Senza il loro sostegno o la loro tolleranza, non potrebbero rimanere al potere a Damasco nemmeno un giorno.

Infatti, gran parte del Paese non voleva riconoscere senza riserve il governo islamista di Damasco. Il nord-est della Siria, dove dominano le Forze Democratiche Siriane (SDF) guidate dai curdi, la costa mediterranea siriana, dove vive la maggioranza degli alawiti, e il sud, dove vivono i drusi, volevano un sistema democratico e federale in Siria. Non vogliono l’islamismo, ma pari diritti garantiti dalla Costituzione per tutti i gruppi etnici e anche per le donne siriane. Gli islamisti rifiutano la democrazia, il federalismo e la parità di diritti.

Purtroppo, l’approccio al governo islamista di Damasco in Europa non è cambiato. In Germania soprattutto, la politica conciliante dell’ex governo di coalizione con il regime di Erdogan e la minimizzazione dei nuovi governanti islamisti a Damasco continuano anche sotto il Cancelliere Merz.

Il 9 ottobre 2019, le truppe turche e i loro mercenari islamisti hanno attaccato le SDF. Queste ultime erano in guerra contro il cosiddetto Stato Islamico (IS). Le truppe turche hanno conquistato Serekaniye e Tall Abyad, cacciando l’intera popolazione curda e altre minoranze etniche e religiose, tra cui armeni, assiri/aramei, cristiani, yazidi e aleviti. Oggi in quella zona vige di fatto la legge islamica della Sharia.