Bolzano, Göttingen, 22 dicembre 2025
Poco prima di Natale, l’Associazione per i popoli minacciati (APM/GfbV) rinnova il suo appello alla politica e ai media affinché prendano sul serio la minaccia dell’Islam politico, in particolare per le comunità cristiane, alawite/alevite, druse, yazide, bahá’í, mandee ed ebraiche. Gli attacchi contro gli ebrei in Australia, contro i soldati statunitensi in Siria, il rapimento di massa di bambini in Nigeria e un attacco pianificato contro un mercatino di Natale in Baviera dimostrano che l’islamismo rappresenta un pericolo reale per i cristiani, le minoranze religiose e la convivenza pacifica tra diverse etnie e comunità religiose. La minimizzazione dell’Islam politico e dei pericoli rappresentati dagli islamisti radicali – da parte del presidente degli Stati Uniti e di gran parte della politica e dei media – è irresponsabile. Non sono solo le comunità cristiane ad essere colpite, ma la libertà di credo e di opinione nel suo complesso.
La leadership statunitense ha messo in pericolo la vita dei propri soldati facendoli scortare il 14 dicembre a Palmira, nella Siria centrale, dai combattenti del cosiddetto Esercito Siriano. Un membro di questo “esercito” ha sparato ai soldati statunitensi e ad altro personale. Gli Stati Uniti parlano di un attacco dell’ISIS per proteggere il nuovo regime islamista in Siria. Ma il tiratore apparteneva proprio a questo regime. Si stima che il 75% delle nuove forze di sicurezza siriane sotto Al-Sharaa abbia precedentemente combattuto nelle file dell’ISIS o di altre milizie islamiste sunnite.
Questi combattenti non hanno semplicemente abbandonato la loro ideologia dopo la presa del potere. Continuano ad essere sostenuti dai governanti islamisti della Turchia e dell’Emirato del Qatar e agiscono nell’interesse di questi islamisti sunniti. I veri alleati dell’Occidente in Siria non appartengono al regime islamista di Damasco. Sono curdi, alawiti, drusi e democratici arabi sunniti. Questi gruppi lottano per la separazione tra Stato e religione e per la libertà di credo e di opinione. Sono quindi l’unica speranza per i pochi cristiani in Medio Oriente che non sono ancora stati cacciati dagli islamisti e per coloro che desiderano tornare nella loro patria.