Bolzano, Göttingen, 30 maggio 2023
Dopo la vittoria elettorale del sovrano turco Recep Tayyip Erdogan, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) prevede una nuova ondata di repressione, persecuzioni e violenze contro il movimento democratico e tutti i dissidenti del Paese. La guerra contro i curdi e le altre minoranze all’interno e all’esterno della Turchia potrebbe essere intensificata da Erdogan e dalle forze nazionaliste e islamiste sunnite che hanno guadagnato forza durante la campagna elettorale.
Questo è supportato dalla retorica che Erdogan ha usato per conquistare i voti e che ha usato anche subito dopo l’annuncio dei risultati elettorali. Erdogan afferma in un video che non rilascerà mai il suo rivale politico Selahattin Demirtas. Allo stesso tempo, la folla nazionalista-islamista chiede la pena di morte per il curdo incarcerato.
I continui attacchi della Turchia contro i curdi in Siria e in Iraq hanno dimostrato che Erdogan fa sul serio con le sue minacce. Nella regione curda siriana di Afrin, occupata dai turchi, gli islamisti siriani hanno festeggiato la vittoria di Erdogan lunedì sera e hanno perseguitato la popolazione curda. Si dice che molti curdi siano stati arrestati. Nell’Iraq nord-occidentale, un drone turco avrebbe attaccato il villaggio di Khanasor, nel cuore dell’area di insediamento degli Yezidi di Sinjar.
Secondo le nostre valutazioni, le elezioni in Turchia non sono state né eque né libere, soprattutto in Kurdistan, nella parte orientale e sudorientale del Paese. Lo Stato turco vi ha governato come una forza di occupazione con molte milizie militari, gendarmeria, polizia e mercenari. Poco prima delle elezioni, l’HDP filo-curdo è stato costretto a candidarsi con una lista diversa. Il candidato dell’opposizione alevita è stato spesso bollato come infedele. Questa retorica incendiaria su base religiosa avrà conseguenze di vasta portata, soprattutto per la minoranza alevita, i pochi cristiani, yezidi ed ebrei in Turchia. Anche la violenza contro le donne potrebbe aumentare. Non sarà facile nemmeno per le persone LGBTQI in questa situazione, che è stata politicamente avvelenata da Erdogan.
L’APM si è rammaricata del fatto che gli osservatori ufficiali dei Paesi della NATO e dell’UE abbiano parlato di elezioni libere in Turchia. Si ha l’impressione che qui si applichino due pesi e due misure. Quando i Paesi sono in conflitto con la NATO e l’UE, parlano immediatamente di elezioni rubate o falsificate e reagiscono con sanzioni diplomatiche, politiche o economiche. Ma, ad esempio, i premier tedesco, italiano ed ungherese, si sono immediatamente congratulati con l’autocrate turco per la sua vittoria elettorale. Tutto ciò è miope e inaffidabile.
I politici occidentali avrebbero potuto almeno far pressione su Erdogan perché applicasse le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e rilasciasse i prigionieri politici Demirtas o Osman Kavala. Si è trattato purtroppo di un’altra occasione persa: la politica estera sembra guardare principalmente agli interessi di Stato e non alla democrazia e ai diritti umani.