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28. anniversario del massacro di Srebrenica (11 luglio): Commemorazione in un’atmosfera di negazione

Bolzano, Göttingen, Sarajevo, 7 luglio 2023

Due donne davanti alle bare delle vittime di Srebrenica. Foto: archivio GfbV.

A 28 anni dal genocidio di Srebrenica dell’11 luglio 1995, i crimini della guerra bosniaca continuano a non essere riconosciuti in gran parte della Bosnia-Erzegovina. Nella “Republika Srpska”, dominata dai serbi, la negazione del genocidio continua a dilagare nonostante il divieto: per di più i colpevoli condannati sono venerati come eroi. Pertanto, anche la cerimonia di commemorazione di quest’anno a Srebrenica si svolgerà in un’atmosfera di negazione. Altre 30 vittime saranno deposte dalle loro famiglie nel cimitero di Potočari. Pochissimi scheletri sono completi, poiché i resti delle vittime sono stati distribuiti in varie fosse comuni per coprire i crimini. Ad oggi, un totale di 6.721 vittime è stato sepolto nel cimitero di Potočari, mentre altre 237 vittime giacciono altrove su richiesta dei loro parenti. “I sopravvissuti e i parenti delle vittime continuano a chiedere sostegno per il lavoro dell’Istituto per le persone scomparse, che è responsabile della ricerca di altre fosse comuni e vittime. Chiedono sanzioni per la negazione dei crimini e la fine dell’impunità, perché centinaia di responsabili vivono ancora liberamente nella Repubblica Srpska e in Serbia e occupano persino importanti uffici”, riferisce Belma Zulčić, direttrice della sezione bosniaca dell’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) di Sarajevo.

Nella parte della Bosnia dominata dai serbi, governa il presidente ultranazionalista Milorad Dodik. La sua rabbia ha ravvivato i discorsi di odio e la negazione del genocidio. Le forze etniche ed etno-nazionaliste stanno dividendo la società e sabotando le istituzioni. Stanno facendo tutto il possibile per distruggere lo Stato nel suo complesso. La negazione del genocidio e la glorificazione dei colpevoli traumatizzano quotidianamente i sopravvissuti. La legge sulla punizione della negazione del genocidio, introdotta dall’allora Alto rappresentante Valentin Inzko nel luglio 2021, finora non ha portato a nulla. Nonostante le numerose segnalazioni dei cittadini, nessuna procura ha preso provvedimenti. Le autorità sostengono che per i singoli atti di negazione non è stato possibile dimostrare l’intento di offendere e causare problemi. Allo stesso tempo, è illusorio aspettarsi che la polizia della Republika Srpska indaghi seriamente. È stato infatti dimostrato che essa ha compiuto molti dei crimini e continua a essere controllata dai responsabili di allora.

Ancora oggi, il massacro di Srebrenica dell’11 luglio 1995 è considerato il più grave crimine di guerra in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia e la Corte internazionale di giustizia (CIG) dell’Aia hanno condannato inequivocabilmente il crimine come genocidio. Diversi comandanti militari e persone responsabili della Bosnia-Erzegovina e della Serbia sono stati condannati con effetto definitivo. L’ultimo verdetto del Tribunale è stato emesso contro due ufficiali dei servizi segreti serbi. È stata la prova che in Bosnia-Erzegovina non c’era una guerra civile, ma un conflitto internazionale.