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36 anni fa l’attacco con gas nervini ad Halabja (16 marzo 1988): Il Kurdistan iracheno ancora stretto tra tutti i fronti

Bolzano, Göttingen, 15 marzo 2024

Un cimitero distrutto yezida in Iraq del Nord. Foto: Prof. Dr. Jan Ilhan Kizilhan.

A 36 anni dall’attacco con gas nervini alla città curda irachena di Halabja, il 16 marzo 1988, le regioni curde dell’Iraq rimangono in una situazione precaria. All’epoca, sia i governi della NATO che quelli del Patto di Varsavia tacevano sui crimini contro l’umanità per motivi geopolitici, ha ricordato oggi l’Associazione per i popoli minacciati (APM). Oggi, la regione viene nuovamente bombardata su base giornaliera – a volte dalla Turchia, a volte dall’Iran – e ancora una volta, tutte le parti tacciono sui crimini.

Le indagini giudiziarie sui crimini di Halabja sono iniziate in ritardo e sono state lente. Nel frattempo, i principali responsabili, tra cui Saddam Hussein, sono stati condannati. Purtroppo il governo centrale di Baghdad ha imparato poco dalla storia, così come la NATO. Ci sono voluti molti anni perché Halabja diventasse un governatorato autonomo, come era stato promesso. I governi degli Stati della NATO stanno ancora una volta permettendo che vengano commessi crimini contro la popolazione curda dell’Iraq e della Siria perché criticarli sarebbe geopoliticamente inappropriato.

Il 16 e 17 marzo 1988, l’aviazione irachena bombardò Halabja, nel nord-est dell’Iraq, con gas nervini. Almeno 5.000 persone morirono nel giro di poche ore e altre 10.000 rimasero ferite. L’attacco è stato reso possibile anche da aziende tedesche ed europee coinvolte nello sviluppo della produzione di armamenti chimici iracheni. Già prima del massacro, l’APM aveva accusato più di 40 aziende tedesche ed europee di essere in parte responsabili di crimini di guerra per il loro coinvolgimento nella costruzione degli impianti di gas tossici in Iraq.

Il Kurdistan iracheno è oggi una regione autonoma dell’Iraq. La regione ha un proprio parlamento con sede a Erbil e dispone di proprie unità militari, i Peshmerga. La popolazione è stimata in circa otto milioni. La regione è multietnica e multiconfessionale. Oltre ai curdi, vi abitano assiri/caldei/aramaici, armeni, turcomanni, sunniti, sciiti, yazidi, cristiani e altre comunità.