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Erdogan e i suoi mercenari devono lasciare la Siria

A un anno dall’attacco della Turchia alla Siria settentrionale (9 ottobre)

Flüchtlingslager in der Region Shahba, Nordaleppo, Nordsyrien. Foto: Kamal Sido / GfbV 2019.

Un anno dopo l’attacco della Turchia, membro della NATO, alla Siria settentrionale, il 9 ottobre, l’Associazione per i POpoli Minacciati (APM) fa appello al presidente degli Stati Uniti Donald Trump per sostenere il ritiro delle forze di occupazione turche e delle milizie islamiste da loro sostenute. Dovrebbero sgombrare i territori siriani occupati nell’ambito dell’operazione “Fonte di pace” e permettere agli sfollati curdi, arabi, assiro/aramaici, armeni, cristiani e yezidi di tornare alle proprie case.

Nel corso e come risultato di questa invasione, le truppe turche e gli islamisti siriani hanno commesso innumerevoli crimini di guerra e violazioni dei diritti umani contro la popolazione civile. Le regioni siriane settentrionali di Serekaniye (in arabo: Ras al Ain) e di Tall Abyad sono state particolarmente colpite, dove le persone vengono molestate e perseguitate dai gruppi islamisti. Le forze curde e i loro alleati arabi, assiro-aramaici, così come le popolazioni musulmane, cristiane e yezidi, piangono decine di migliaia di vittime nella lotta contro l’IS e altri gruppi di islamisti radicali. Gli uomini e le donne che hanno combattuto dalla parte dell’Occidente contro l’IS sono stati traditi e abbandonati. Il minimo che meritano è l’appoggio degli Stati Uniti nel sostenere il loro diritto al ritorno.

Il fatto che la Turchia non abbia percepito praticamente quasi nessun dissenso a livello internazionale per i suoi attacchi alla Siria ha rafforzato il suo comportamento aggressivo: il presidente turco Erdogan ha imparato durante questa operazione che può fare tutto quello che vuole a livello internazionale. Ecco perché non ha esitato a entrare nel conflitto nel Nagorno-Karabakh e ad incitare alla guerra. A questo punto sarebbe auspicabile che gli Stati Uniti tornino sulla scena mondiale e richiamino all’ordine il loro alleato NATO.