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Conclusione della COP30 a Belém: ancora poco spazio per gli interessi indigeni

Bolzano, Göttingen, 21 novembre 2025

Foto ufficiale della Conferenza internazionale sul clima COP30 a Belém. Foto: Ricardo Stuckert, CC BY-SA 4.0

Al termine della Conferenza internazionale sul clima COP30 a Belém, in Brasile, l’Associazione per i popoli minacciati (APM/GfbV) traccia un bilancio contrastante per quanto riguarda la rappresentanza indigena nei negoziati sul clima. I partecipanti indigeni al cosiddetto “Indigenous Caucus” della COP30 hanno redatto documenti comuni di posizione e richieste e hanno lavorato instancabilmente affinché fossero presi in considerazione nei negoziati. Tuttavia, gli Stati nazionali che conducono i negoziati internazionali continuano a lasciare poco spazio alle richieste indigene. Sono ancora impegnati a sostenere le loro economie, a scapito della protezione del clima e dei diritti umani. Purtroppo, gli stati europei che hanno ratificato la ILO 169 non fanno eccezione.

L’APM/GfbV accoglie con favore la demarcazione di dieci territori indigeni annunciata dal governo brasiliano nell’ambito della COP. Si tratta di un passo importante, che deve essere seguito da molti altri. In Brasile ci sono ancora numerose aree indigene non delimitate. Anche in molti altri paesi la mancanza di protezione dei territori porta a un aumento della deforestazione causata dal disboscamento e dal furto di legname, con ripercussioni dirette sul clima mondiale. È dimostrato che le popolazioni indigene di queste aree sono i loro protettori più efficaci. La loro prospettiva unica deve essere parte integrante di tutti i negoziati. I rappresentanti indigeni considerano la demarcazione dei territori indigeni un contributo alla riduzione dell’impatto ambientale e alla protezione della natura.

In Europa hanno ratificato la Convenzione ILO 169 Germania, Danimarca, Olanda, Lussemburgo, Norvegia e Spagna, impegnandosi così a rispettare i diritti dei popoli indigeni in materia di terra, consultazione e partecipazione. Questi impegni devono includere i negoziati internazionali sulla politica climatica e sulla biodiversità. Ciò include anche il costante orientamento alla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, alla Convenzione sulla diversità biologica e alla Piattaforma delle comunità locali e dei popoli indigeni nell’ambito dell’Accordo di Parigi. La partecipazione indigena non deve limitarsi a eventi collaterali. Sono necessari meccanismi di consultazione vincolanti, strutture decisionali trasparenti e una partecipazione diretta ai negoziati governativi, in cui i rappresentanti indigeni siano nominati direttamente dal caucus indigeno e non dagli Stati nazionali. Solo in questo modo potranno contribuire efficacemente ai negoziati a vantaggio di tutti.