Welcome at the website of Associazione per i popoli minacciati. Your currently used browser is outdated, probably insecure, and may cause display errors on this website. Here you can download the most recent browsers: browsehappy.com

News

Tutti
  • Tutti
  • 2025
  • 2024
  • 2023
  • 2022
  • 2021
  • 2020
  • 2019

18.11.2025 | Cile, Mapuche, Popoli indigeni

Elezioni in Cile: favorito Kast, un radicale di destra. Nonostante la sconfitta di misura al primo turno, Kast vincerà il ballottaggio

13.11.2025 | Marocco, ONU, Sahara Occidentale, Saharawi

Risoluzione dell’ONU sul Sahara occidentale: l’autodeterminazione rimane in secondo piano

11.11.2025 | Bosnia ed Erzegovina, Sarajevo

Italia-Bosnia: cecchini italiani coinvolti negli omicidi. Anche italiani e altri europei hanno partecipato all’assedio serbo di Sarajevo

7.11.2025 | Diritti umani, Popoli indigeni, Russia, Russland

Russia: APM/GfbV critica l’introduzione delle festività dedicate alle popolazioni indigene definendola una pura farsa

7.11.2025 | CPI, Diritti umani, Minoranze

Nomina a membro onorario della GfbV per il Prof. Claus Kreß – Riconoscimento per l’eccezionale impegno a favore dei diritti umani e del diritto penale internazionale

30.10.2025 | Iraq, Minoranze religiose

15 anni dopo il devastante attentato alla Cattedrale di Baghdad (31 ottobre) – I Cristiani in Medio Oriente continuano ad essere minacciati

28.10.2025 | Diritti umani, Masai, Tanzania

Elezioni presidenziali e parlamentari in Tanzania (29 ottobre) – Si aggrava la situazione dei diritti umani dei Masai: aumento degli sfratti e della repressione

20.10.2025 | Armenia, Nagorno-Karabakh

“Ha contribuito in modo determinante al riconoscimento del genocidio degli Armeni” – L’Associazione per i popoli minacciati si congratula con Tessa Hofmann per il conferimento della Croce al merito

Carica di più

Vertice NATO: Appello a Joe Biden

Il presidente americano deve spingere Erdogan al rispetto dei diritti umani

Campo profughi nella regione di Shahba, nord di Aleppo, Siria del Nord. Foto: Kamal Sido / GfbV 2019.

A margine del vertice della NATO, che si terrà a Bruxelles la prossima settimana, il presidente degli Stati Uniti Joseph Biden incontrerà il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha fatto appello alla Casa Bianca perché sostenga la fine della violenza turca contro Curdi e cristiani, Aleviti e altre minoranze. L’esercito turco e le milizie islamiste ad esso alleate hanno già sfollato con la forza centinaia di migliaia di persone dalle loro case nel nord della Siria. L’aviazione turca bombarda regolarmente anche gli insediamenti curdi in Iraq.

Gli attacchi turchi contro le minoranze etniche e religiose in Siria e in Iraq avvengono sotto gli occhi dei militari russi e statunitensi. Il tacito sostegno di una campagna militare contro un gruppo etnico da parte della Russia e contemporaneamente degli Stati Uniti, rappresenta a nostro avviso un fatto unico nel panorama geopolitico.

Il presidente Biden deve ora fare urgentemente pressione sul presidente turco per porre fine alla violenza. Il cambiamento della struttura demografica del nord della Siria che Erdogan sta tentando di realizzare è ormai quasi completo. Le aree un tempo multietniche e multireligiose sono ora una regione abitata quasi solo da arabi sunniti che Erdogan vi ha insediato. Questa è una massiccia violazione del diritto internazionale e un crimine contro l’umanità. Il mondo occidentale, e gli Stati Uniti in particolare, non devono accettarlo. Invece, dovrebbero spingere la Turchia a permettere il rimpatrio degli sfollati curdi, yezidi, cristiani e alevi sotto l’osservazione civile internazionale.

Secondo fonti dell’APM e stime di altri esperti, circa 1,5 milioni di curdi e membri delle comunità religiose yazidi e cristiane sono in fuga a causa della guerra civile, degli attacchi dell’IS e delle invasioni militari turche: circa 350.000 persone sono state sfollate da Afrin, nel nord-ovest della Siria, circa 300.000 da Serê Kaniyê (Ras Al Ain) e dintorni, e 350.000 da altre aree della Siria, molte delle quali sono state costrette a fuggire all’interno della Siria o nei paesi vicini durante i primi anni della guerra.