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Uscita della Russia dalla Convenzione contro la tortura: i prigionieri politici ancora più a rischio

Bolzano, Göttingen, 27 agosto 2025

La ruota di tortura, nota anche come ruota dell'esecuzione, nell'illustrazione di Pierre Larousse. Foto: Pubblico dominio

L’Associazione per i popoli minacciati (APM/GfbV) vede nel previsto recesso della Russia dalla Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tortura (CPT) un consolidamento dell’allontanamento della Russia dai valori europei e dalla tutela dei diritti umani fondamentali.

I meccanismi internazionali, come la Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura, sono strumenti importanti per attirare l’attenzione sui singoli casi. Con il suo annuncio, il governo russo sottolinea molto chiaramente il suo allontanamento dai principi dei diritti umani e dai valori europei. Le vittime di tortura perdono un’importante possibilità di ottenere aiuto.

La Convenzione del Consiglio d’Europa non solo vieta la tortura e i trattamenti inumani, ma contiene anche meccanismi per far rispettare gli obblighi. Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) è un organismo internazionale indipendente che ha il compito di monitorare i luoghi di detenzione. I membri del Comitato hanno visitato ripetutamente le carceri russe. Hanno reso pubbliche le pratiche di tortura e denunciato le violazioni dei diritti umani commesse dalla Russia. Ora questo strumento viene meno. La Russia continua ad essere uno Stato firmatario della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Inoltre, la Croce Rossa, in quanto organizzazione neutrale, ha accesso alle carceri russe. L’APM/GfbV invita entrambi i meccanismi a colmare il vuoto creato dall’uscita della Russia dalla Convenzione europea.

Nelle carceri russe si pratica sistematicamente la tortura. In particolare, i prigionieri provenienti dai territori ucraini occupati dalla Russia, così come i 133 prigionieri politici tatari di Crimea, sono sottoposti a torture e vessazioni massicce. Nel febbraio di quest’anno, un prigioniero politico tataro di Crimea è morto a causa delle torture e della mancata assistenza medica nel carcere di Dimitrovgrad, nella regione di Ulyanovsk. Durante la sua permanenza nel carcere preventivo e nella colonia penale, le sue condizioni di salute sono peggiorate rapidamente. A causa delle percosse, i suoi reni hanno smesso di funzionare, il suo livello di zucchero nel sangue è aumentato, gli arti si sono gonfiati e si è accumulato liquido nei polmoni. Non poteva camminare, soffriva di forti dolori e non riceveva cure mediche. Ai suoi familiari non è stato permesso di inviargli medicinali. Nel febbraio 2025 si è saputo che era morto a Dimitrovgrad. La data esatta della morte è sconosciuta. Ai familiari è stato vietato di seppellire il defunto.