Bolzano, Göttingen, 12 maggio 2025

Nonostante la decisione finale del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) di deporre le armi e sciogliersi, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) non vede alcuna volontà da parte della Turchia di avviare seri negoziati di pace con i curdi.
“Dopo quasi mezzo secolo, la storia del PKK volge al termine. Questo passo storico è avvenuto solo perché lo ha chiesto il leader del PKK Abdullah Öcalan, imprigionato in Turchia dal 1999. Non è prevedibile che lo Stato turco ponga fine alla persecuzione dei curdi in Turchia e compia passi concreti per risolvere la questione curda”, afferma il dottor Kamal Sido, esperto per il Medio Oriente dell’organizzazione per i diritti umani. Passi importanti per una soluzione pacifica sono il riconoscimento dell’autonomia regionale per i curdi in Turchia, il riconoscimento del curdo come lingua nazionale e la liberazione di tutti i prigionieri politici curdi, compreso il rilascio di Abdullah Öcalan.
Se la Turchia e i suoi alleati della NATO fossero interessati a una soluzione pacifica del conflitto con i curdi, avrebbero rapidamente compiuto passi concreti in questa direzione. Tuttavia, non sembra che ci saranno negoziati di pace seri. Pertanto, l’opinione pubblica democratica, il parlamento turco e i Paesi della NATO devono fare pressione sul governo turco affinché ponga fine al conflitto in Kurdistan e nelle zone limitrofe riconoscendo i diritti dei curdi.
La Turchia deve ritirare immediatamente tutte le sue truppe di occupazione dall’Iraq settentrionale e dalla Siria settentrionale. Ci sono almeno 25 basi militari turche nella sola regione curdo-siriana di Afrin, che è stata occupata dalla Turchia nel 2018 in violazione del diritto internazionale. L’esercito turco deve lasciare immediatamente le aree curde al di fuori della Turchia e cessare tutti gli attacchi contro gli obiettivi curdi. I curdi, compreso il PKK, non creeranno la pace unilateralmente. Anche la Turchia e i suoi alleati della NATO devono lavorare per una soluzione pacifica.
I curdi, ma anche altre minoranze etniche e religiose, temono ora che le milizie islamiste sostenute dalla Turchia, attive in Turchia, Siria e altri Paesi, li attacchino sempre più spesso, dato che il PKK e altre organizzazioni sono state determinanti per sconfiggere lo “Stato Islamico” (IS) e altre organizzazioni islamiste.