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Critiche al Premio Carlo Magno assegnato a von der Leyen (29 maggio). Nessun premio alla politica a scapito dei diritti indigeni!

Bolzano, Göttingen, 27 maggio 2025

Gli incendi nel comune di Roboré, in Bolivia, continuano a colpire le comunità e il patrimonio naturale. Foto: Claudia Belaunde / FCBC.

L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) critica fortemente il previsto conferimento del Premio internazionale Carlo Magno alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Il premio, che sarà consegnato il 29 maggio 2025 nella Sala dell’Incoronazione del Municipio di Aquisgrana, onora, tra l’altro, il ruolo della von der Leyen nel Green Deal europeo e la sua leadership in tempi di crisi. Secondo l’organizzazione per i diritti umani, il premio è in contrasto con l’impatto negativo delle sue politiche sulle comunità indigene e sul clima globale. L’APM chiede quindi al Consiglio di amministrazione del Premio Carlo Magno di non assegnare il premio alla Presidente della Commissione europea.

Sotto la guida di Ursula von der Leyen, l’UE ha inizialmente compiuto alcuni passi nella giusta direzione con iniziative come l’EU Supply Chain Act per contrastare le violazioni dei diritti umani e la distruzione dell’ambiente nelle catene di approvvigionamento globali. Tuttavia, attualmente stiamo assistendo a una preoccupante inversione di tendenza: la legge sulla catena di approvvigionamento sta per essere eliminata, mettendo a repentaglio i diritti di coloro che hanno più bisogno di protezione. I diritti umani vengono sistematicamente violati e gli ecosistemi distrutti nel Sud del mondo per la transizione energetica dell’Europa e per le materie prime a basso costo. Le comunità indigene sono particolarmente colpite: i loro territori vengono espropriati e dichiarati riserve naturali, senza codeterminazione o compensazione. Non stanno perdendo solo la loro terra, ma anche le basi per una vita autodeterminata. Anche i progetti infrastrutturali come le dighe sono interventi importanti nel loro ambiente di vita. Ciò che viene venduto come un progresso rispettoso del clima per molte popolazioni indigene significa sfollamento, povertà e distruzione ambientale.

L’estrazione di materie prime “verdi” come il litio e il rame nelle aree indigene avviene di solito senza il consenso libero, preventivo e informato (FPIC) delle comunità interessate – e senza un adeguato risarcimento. Anche l’uso delle foreste come aree di compensazione per la CO2 allontana le comunità indigene dai loro habitat. Queste soluzioni fasulle in nome della protezione del clima aiutano soprattutto l’economia, mentre i diritti umani e l’autentica sostenibilità passano in secondo piano. Le comunità indigene del Sud globale stanno pagando il conto di tutto questo.

L’organizzazione per i diritti umani critica anche l’accordo UE-Mercosur, che la von der Leyen sta portando avanti: la crescente domanda di soia e carne bovina sta mettendo le comunità indigene ancora più sotto pressione, soprattutto in Brasile, Paraguay e Argentina. Nonostante le assicurazioni contrarie dell’UE, l’Amazzonia sta diventando una zona di utilizzo geopolitico. L’espansione delle terre agricole sta causando conflitti fondiari, agricoltura di tipo “slash-and-burn” e scarsità d’acqua. Chiunque onori Ursula von der Leyen per questa politica sta nobilitando la svendita dei diritti indigeni. Una vera leadership, invece, significherebbe proteggere i più deboli – e non cercare di apparire il più verde possibile.