Bolzano, Göttingen, 10 maggio 2019
Di ritorno dal suo viaggio nel nord della Siria, Kamal Sido, referente dell’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) per il Medio Oriente, racconta di una popolazione che vive nel terrore di nuovi attacchi e aggressioni da parte dello Stato Islamico, delle milizie jihadiste alleate della Turchia e dell’esercito turco. Nonostante la critica situazione di sicurezza nella regione, Kamal Sido si è recato nel nord della Siria per verificare le condizioni di vita della popolazione kurda, cristiana, yezida e alevita.
Mentre la provincia di Idlib è sotto l’attacco dell’esercito siriano sostenuto dalla Russia per eliminare le ultime sacche di milizie dell’IS e riportare il territorio sotto il controllo di Bashar al-Assad, molti ipotizzano un accordo informale tra il presidente turco Erdogan e il suo collega russo Putin secondo cui Ankara e i suoi alleati jihadisti manterrebbero, in cambio dell’offensiva siriana a Idlib, il controllo indisturbato delle regioni kurde di Afrin e Aleppo. Ancora una volta in questo gioco internazionale di potere, a pagare le conseguenze è la popolazione civile. Decine di migliaia di persone sono infatti in fuga dai nuovi e indiscriminati bombardamenti.
Le province kurdo-siriane di Afrin e Aleppo sono invece sotto il controllo e l’occupazione della Turchia e delle milizie jihadiste sue alleate, con il tacito benestare della NATO. Se prima dell’occupazione turca Afrin e Aleppo avevano accolto migliaia di profughi cristiani, yezidi e aleviti in fuga dalle milizie jihadiste, con l’occupazione turca sono riprese le persecuzioni sia delle minoranze religiose sia della popolazione kurda di fede musulmana. Le milizie jihadiste hanno espropriato case, terreni ed esercizi commerciali, hanno messo in fuga con la forza migliaia di persone e continuano gli arresti arbitrari. Pur non avendo il coraggio di parlarne apertamente, molti kurdi arrestati vengono poi torturati dalle milizie jihadiste. Un uomo, kurdo originario del villaggio di Mirka nel distretto di Mabata a nord di Afrin, ha raccontato al referente dell’APM di essere stato arrestato da una brigata di una delle tante milizie jihadiste mentre, nel marzo 2018, stava tornando a casa dopo la fine dei combattimenti militari nella regione. Durante la sua detenzione nel carcere di Qarmitlik nel distretto di Shayk al Hadid (Shiye), l’uomo racconta di essere stato legate mani e piedi per diversi giorni, essere stato picchiato selvaggiamente, torturato con l’elettroshock mentre gli venivano strappate le unghie delle dita.
Lo scopo della Turchia sembra essere quello di destabilizzare le regioni controllate dai Kurdi. Da marzo 2018 la regione kurda di Afrin è occupata dalle forze turche. Da allora circa 300.000 persone sono state messe i fuga e almeno 1000 kurdi risultano detenuti. Il tutto sotto gli occhi della NATO di cui la Turchia fa parte e i governi occidentali, anche essi partner nella NATO.